Fabio Picchi, il poeta della cucina fiorentina

Pioveva domenica scorsa a Firenze. Una giornata strana, lunga, faticosa, di quelle che sembrano non aver mai fine e che ti lasciano in testa mille domande, la maggior parte delle quali senza risposte. Insomma ero stanca e, dopo il lavoro, il mio unico pensiero era rivolto a mangiare qualcosa di veloce e a ritirarmi il più in fretta possibile sotto le coperte.

Con quest’ottica ho prenotato una cena al Cibrèoignara di quello che mi stava aspettando. La scelta, sotto consiglio del mio collega Marcello, è stata dettata più che altro dal caso: una bella recensione, la vicinanza del locale ai nostri rispettivi alberghi e la possibilità di arrivarci direttamente a piedi. E così alle otto in punto, dopo aver camminato per una decina di minuti sotto un bell’acquazzone toscano, sono entrata bagnata e infreddolita in questo locale di via de’ Macci. Credo di aver impiegato una manciata di secondi a capire che ero arrivata in un posto speciale che avrebbe rivoluzionato la mia intera giornata. E non mi sbagliavo.

Fabio Picchi
Foto fornita dall’archivio de il Cibrèo

Il Cibrèo, aperto nel 1979, è una vera istituzione in città ed il suo mentore e fondatore risponde al nome di Fabio Picchi. Ma andiamo con ordine. La prima cosa che mi ha colpito, varcata la soglia del locale, è stata l’estrema cura dei dettagli, l’arredamento familiare, la professionalità del personale e alcuni libri esposti vicino alla cassa sulle cui copertine era stampato il volto di quest’uomo dai capelli e dalla barba bianca e dal sorriso sincero.

Insomma, ero incuriosita da tutto ciò che mi circondava, e volevo vedere il prima possibile quello che mi aspettava: da tempo un luogo non richiamava così tanto la mia attenzione. Attraversata la sala, ho raggiunto, insieme a Marcello, il tavolo che ci era stato assegnato: tovaglie bianche, candele accese, poltrone rosse di velluto utilizzate nei vecchi cinema, la vista verso la cucina.

Ed ho sorriso, non solo dentro di me. Ero felice, e tutta la pesantezza della giornata appena trascorsa e la stanchezza accumulata si erano dissolte in un batter d’occhio. Provavo una sensazione fortissima: ero elettrizzata nell’osservare ciò che accadeva intorno a me, gli ospiti, i camerieri, le portate che uscivano dalla cucina. Quel posto, dal primo istante, per me era magnetico.

Così è iniziata la mia serata al Cibrèo che è trascorsa in buona compagnia, con ottimo cibo, un calice di vino rosso e la sensazione di essere a casa, di trovarmi in un luogo in cui mi volevano bene. E questa, ho poi scoperto parlando proprio con Fabio Picchi, è la filosofia che è da sempre alla base del locale: “Ho aperto il Cibrèo – racconta il titolare – quando avevo ventiquattro anni con l’idea di allontanarmi dalla singolarità della ristorazione fiorentina dell’epoca che serviva la tipicità dei ristoranti e non quella delle famiglie. La campagna per chi abita a Firenze è fondamentale ed è veramente vicina alla città: fa parte della cucina delle case che è fantastica, generosa, accogliente. Volevo trasmettere questo concetto e creare un ambiente in grado di aiutarmi a raccontarlo: ecco perché ho smontato il tinello di casa mia e l’ho portato al ristorante insieme a un tavolo che ancora oggi è qui a testimoniare il mio inizio”.

Cibreo sala - Scaled Image
Foto fornita dall’archivio de il Cibrèo

Bene, non stupitevi dunque se al Cibrèo il menu non è scritto, ma viene raccontato dal personale di sala che si siede al tavolo insieme a voi e vi spiega ogni portata. Troverete in ogni caso da sfogliare una ricca e pregiata carta dei vini e una indicazione dei prezzi dei piatti proposti a seconda che si tratti di primi, secondi o dessert. Al Cibrèo i menu seguono il ritmo delle stagioni ed ogni giorno propongono novità.  Una grande attenzione è rivolta alla selezione delle materie prime grazie alla collaborazione con produttori fidati e “storici” che lavorano da anni a stretto contatto con il locale. Basti pensare ai pescatori del mare Toscano, ai contadini della provincia di Firenze o alla testimonianza che si legge sul sito del locale: “è dall’8 settembre 1979 che abbracciamo pastori e i loro formaggi, macellai con le loro carni, pastai pugliesi, spremitori di olive fiorentini, produttori di limoni siciliani, coltivatori di clementini calabresi, cercatori di tartufi di San Miniato e piemontesi”.

Io quella sera ho mangiato con la forchetta una ribollita saporitissima preparata con carote, sedano, cipolle, prosciutto, porri, pecorino e il pane realizzato in casa con un lievito madre di dieci anni e farine biologiche. Ma la vera sorpresa per me, il piatto che mi ha conquistato e che non dimenticherò mai, è la mamma intufata nel purè di patate. foto-2Ho trascorso la serata e i giorni seguenti a raccontarlo a tutti e lo sto ancora facendo… Una portata semplice e disarmante. Gustosa, raffinata, sorprendente. Incredibile. Sembra impossibile che così pochi elementi (un carciofo stufato, il rosso dell’uovo, purea di patate) possano rendere così grande un piatto. “La mamma nasce perché io sono anche un mangiatore appassionato – commenta Fabio Picchi – e amo ciò che è buono. Ho fatto per lungo tempo i carciofi ritti, ma spesso accade che le preparazioni migliori nascano per motivi casuali. Così è successo con questo piatto, la cui idea è nata osservando un piatto di purea gratinata che  è nel nostro locale da tempo immemore. Ho semplicemente pensato di unire questi elementi utilizzando un ponte come il rosso d’uovo messo a crudo che assorbe il calore del carciofo e del purè e si amalgama nel piatto”.

Che altro dire… parlerei all’infinito di questa cena e di questo luogo, ma le regole dei blog mi impongono di non dilungarmi troppo. Aggiungo  solo che ho concluso in bellezza la mia cena con una torta al cioccolato delicata, leggera,  morbida, intensa, la cui ricetta è uguale da 33 anni e che nasce dall’amicizia di Fabio Picchi con il pasticcere Giulio Corti.

E concludo segnalando che la grande famiglia del Cibrèo comprende anche una trattoria (aperta anch’essa nel 1979), un caffè inaugurato nel 1989 e completamente rinnovato lo scorso mese di luglio e il Teatro del Sale la cui direzione artistica è di Maria Cassi, moglie di Fabio Picchi. Ma su questo argomento ritornerò più avanti.

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